Sofia, l’ennesima vittima di femminicidio. Perché serve una svolta culturale

Settanta. Il numero va scritto in lettere e letto lentamente. Testimonia che non siamo più di fronte a un’emergenza, a una fase, ma a un fenomeno purtroppo sempre più diffuso e regolare nella sua drammaticità. Sono settanta le donne vittime di femminicidio in Italia nei primi sette mesi del 2023. Una triste media di dieci al mese.
Una delle ultime è Sofia Castelli. La 20enne di Cologno Monzese è stata accoltellata alla gola, mentre stava dormendo nella sua abitazione, dall’ex Zakaria Atqaoui all’alba di sabato 29 luglio. Il 23enne non avrebbe accettato la fine della relazione, non avrebbe voluto vedere né immaginare Sofia accanto ad altri ragazzi.
“Se non vuoi essere mia, non puoi essere di nessun altro”. Questo il movente di moltissimi delitti. Un movente che chiama in causa la necessità di una svolta e di un impegno ai massimi livelli, soprattutto dal punto di vista culturale, da parte di tutti.
Le istituzioni, in primis la scuola, dovrebbero farsi promotrici (laddove ancora non avviene) di una cultura del rispetto dell’altro, di una cultura in grado di accettare il rifiuto e di non considerare la compagna come un oggetto da possedere anche contro la sua volontà e a ogni costo.
Un simile bagaglio dovrebbe accompagnare ragazzi e ragazze nella crescita personale, prefigurando situazioni che potrebbero verificarsi nella loro esistenza e non lasciando così che vengano sopraffatti da esse e da istinti brutali (al netto ovviamente di componenti e contesti diversi, e della particolarità di ogni situazione).
Senza la diffusione (beninteso non semplice) di una siffatta cultura, è complicato pensare di combattere a pieno una devastante piaga solo con i pur importanti miglioramenti legislativi. La prevenzione infatti passa anzitutto dalla conoscenza e dalla consapevolezza di sé stessi e del rapporto con l’altro da sé. Il resto rischia di essere solo inutile retorica.

di Giorgio Meroni